La poesia è strumento di parola. Parola che induce ad aprire, scavare dentro le cose, nel loro rivelarsi al poeta attraverso il suo dire; parola che è alterità, forma e mutamento, apertura che rivela. Rosso colore di rosa carnale è un viaggio attraverso la parola nel suo farsi mutamento, a partire dal nome che segna dal principio il procedere della scrittura: è il tempo che scorre la sostanza che permea l’opera di Giuliana, l’inesorabile mutare, nel tentativo della parola di accedere all’immagine dischiusa, tra i dettagli della materia che il poeta rielabora nella funzione dell’agire lirico. Già a partire dal titolo dell’opera, un endecasillabo perfetto, il poeta invita il lettore ad addentrarsi in un universo solo apparentemente costruito in prosa, una dire che invoca ed esplora le forme della poesia. Da diverso tempo, con il progetto editoriale Formebrevi abbiamo avviato un percorso di ricerca di quelle che ci piace chiamare scritture non convenzionali, proprio perché non il linea con il sentire comune: non è il contenitore a fare il contenuto; è del dire poetico che bisogna parlare, quando si parla di poesia, al di là dalla forma che questo assume, e con la sua opera Giuliana incarna pienamente questo concetto, alternando all’immagine statica della prosa la dimensione del verso poetico, a partire dalle rime interne, in un gioco di rimandi e incroci, suoni e ritmi della versifcazione, un andare oltre che il poeta rivela, al di là del fsso e immutabile cristallizzarsi nella forma, in un elogio del canto di un io lirico aperto al disvelamento. Ci piace pensare all’opera di Vito Giuliana come a una celebrazione della parola poetica nel suo vestirsi di prosa, poesia che è lì nel blocco geometrico del testo che s’agita al rumore delle immagini, a volere svegliare il sonno profondo della musa, invocata e amata, parola che descrive una forma in divenire, nel suo farsi altro dall’immobile: «nell’ondeggiare, nel tuo muto cantare, nel vento pettinare su fonda aurora di foglie, sul confne d’un blu che prelude alla notte». È nella possibilità della parola di raccogliere tale cambiamento che il poeta rinviene il nucleo della poesia, la sua instancabile litania, il  mutare delle cose in un «nero notturno di spine».
Parola che ci invita a riflettere, addentrarci tra le possibilità che ogni pensiero o ricordo produce.

(Dalla postfazione al libro, a cura di Giovanni Duminuco)

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L’autore

Vito Giuliana nasce a Campobello di Licata (AG) nel 1952. Si laurea in lettere moderne all’Università di Pavia. Dal 1960 vive a Vigevano,  dove ha insegnato materie letterarie in un istituto tecnico. E’ stato redattore della rivista di ricerca letteraria Anterem di Verona. Ha pubblicato testi di poesia e di prosa poetica sulle seguenti riviste: Alfabeta, Tempo sensibile, Alla bottega, Schema, Anterem. Suoi testi sono usciti in diverse antologie. Ha pubblicato i volumi Atlante (Corpo 10, Milano, 1990), Di altre geografie (Anterem, Verona, 1990), Catalogo (Anterem, Verona, 1992), Lunario (El bagatt, Bergamo, 1993); Mirabilia (Manni, Lecce, 2000); Stati in luogo (Book, Bologna, 2000); Paroli a lu vientu  (Edizioni Istituto di Cultura Popolare, Cianciana, 2004); La fuitina (Micron Editrice, Vigevano 2006).

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